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Le Leggende dei Santi della Valle

San Giovanni Vincenzo venne, poco prima del 1000, venne a condurre vita eremitica e penitente sulle montagne della Valle di Susa, sui monti di Celle – presso Caprie – dopo essere stato arcivescovo di Ravenna. La sua morte risale invece al 12 gennaio del 1000, allorché chiese al Signore di morire in solitudine, mentre i suoi confratelli erano occupati nelle loro celle o altrove. La sua dimora sorgeva su un poggio che fa parte del monte Civrari o Caprasio, posto sulla sinistra della Dora Riparia e dirimpetto all’alto monte Pirchiriano, sul quale era – ed è – ubicata la Sacra di San Michele. Il luogo era pieno di fitti boschi, ma, sopra una prominenza, che si distacca alquanto dal resto della montagna, vi era un luogo ben soleggiato con una piccola pianura. In fondo a quest’ultima, due enormi macigni, rotolando dalla vetta nelle età preistoriche, s’incontrarono così opportunamente sui loro spigoli, che formarono una bellissima grotta. Qui San Giovanni Vincenzo costruì per sé ed i suoi compagni delle celle. Tuttora questo luogo conserva il nome di “Celle”. 
Uno dei primi pensieri del Santo, dopo aver costruito per sé ed i suoi compagni un ricovero che li proteggesse dalle intemperie e desse loro la possibilità di attendere alle preghiere ed alle sante meditazioni, fu quello di costruire una chiesa, l’attuale Chiesa Parrocchiale di Santa Maria della Stella. 
Il Santo era un discepolo di San Romualdo, un monaco che seguiva la regola di San Benedetto con l’aggiunta dell’istituzione dei romitori, luoghi nei pressi dei monasteri in cui i monaci potevano meditare. La visione di San Romualdo era orientata alla povertà ed alla penitenza in misura maggiore rispetto a quanto lo fosse la regola di San Benedetto. 
La memoria popolare conserva interessanti aneddoti riguardo a San Giovanni Vincenzo. 

La costruzione della Chiesa di San Michele

Il cronista della Chiusa di San Michele narra come spesso apparisse a San Giovanni Vincenzo, che si trovava sul Caprasio, l’arcangelo Michele. Un giorno questi gli chiese di erigere un’altra chiesa a lui dedicata, ed il Santo si mise immediatamente a lavorare il legno. Un mattino, però, il Santo si recò sul luogo di lavoro, ma i materiali preparati erano scomparsi. Egli ne fu molto stupito ed addolorato, ma presto arrivò l’arcangelo Michele a consolarlo. Questi gli comandò di erigere la chiesa sulla vetta che stava di fronte al Caprasio, nel luogo che gli avrebbe indicato, con il suo volo, una colomba. San Giovanni Vincenzo allora scese dal Caprasio e raggiunse il monte Pirchiriano, e trovò, in bell’ordine, i legnami, trasportati là dagli angeli. La nuova chiesa di San Michele fu poi velocemente compiuta con accanto, come sul Caprasio, alcune celle per i romiti. Così nacque il Santuario della Chiusa.


Il fuoco celeste

Quando la chiesa di San Michele sul Pirchiriano fu conclusa, San Giovanni Vincenzo pregò il vescovo di Torino Amizone di venirla a consacrare, secondo il rito. Amizone decise di fermarsi ad Avigliana poiché era stanco per il viaggio, ma il suo sonno venne interrotto dalle grida e dal tumulto della gente: il monte Pirchiriano ardeva. Una luce vivissima in forma di colonnina di fuoco scendeva dal cielo sul monte e, con le sue fiamme, lambiva tutto intorno la vetta. Contemporaneamente, una schiera di angeli in forma umana con paramenti pontificali si dirigeva alla chiesa, mentre una colomba, discesa dall’alto con spessi giri, volava lì intorno. Amizone, allora, si reca al santuario, dove trova i lumi accesi da mano misteriosa, le pareti unte d’olio, il pavimento sparso di cenere, l’altare, eretto dagli angeli, grondante olio e balsami di mirabile fragranza, freschi segni dell’avvenuta consacrazione miracolosa, che egli dunque non ripeté. La tradizione vuole che egli abbia cominciato a sentire il profumo dell’incenso miracoloso della consacrazione proprio nel punto in cui ora sorge la cappelletta bianca, a metà circa della salita verso il monte.
Amizone decretò che quel luogo fosse, per l’avvenire, indipendente dall’autorità dei vescovi di Torino. Da questo prodigio il monastero prese il nome di “Sacra”. 

La traslazione del corpo

Verso la metà del XII secolo, essendo stata terminata la ricostruzione della Chiesa di San Michele della Chiusa, si decise di trasferire lì le spoglie del Santo. Queste furono allora poste su una cavalcatura, ma questa, per quanto si usassero i bastoni e le sferzate, non si volle mai muovere una volta arrivata ad un certo punto della strada. Si decise quindi di lasciare le sante spoglie là dove l’animale si era fermato, ossia nel paese di Sant’Ambrogio, in un luogo vicino alla Chiesa Parrocchiale dove, ancora oggi, sorge un pilone che ricorda questo avvenimento. 

San Giovanni Vincenzo

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